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I tensioattivi rivestono un ruolo importante nella nostra quotidianità . Ma cosa sono? Ed a cosa servono? Nell’articolo approfondiremo le proprietà e gli usi delle varie tipologie, ma anche i rischi associati all’impiego.
I tensioattivi sono dei composti, naturali o di sintesi, contenuti nei cosmetici, nei medicinali, nei prodotti per la pulizia e molto altro ancora. Ne esistono molteplici tipologie, ciascuna con i suoi pro e contro, ma tutte accomunate dalla presenza di una testa idrofila (affine all’acqua) e una coda lipofila (affine ai grassi) nella loro struttura; come vedremo più avanti, questa condizione nota come anfipatia o anfifilia, è ciò che permette loro di stabilizzare le formulazioni, ma anche di asportare lo sporco e inibire lo sviluppo dei germi.
I tensioattivi possiedono molteplici impieghi. La coesistenza di una testa idrofila e una coda lipofila, infatti, permette loro di disporsi tra due fasi non affini ed aumentarne la superficie di contatto (interfaccia), facilitando dunque la bagnabilità dei solidi (le superfici sporche, ad esempio) e la miscibilità dei liquidi.
Possiamo spiegarlo immaginando di versare olio ed acqua in un recipiente: i due liquidi non si mescolano ma rimangono distinti dall’interfaccia che si comporta come una sorta di membrana elastica in tensione, che impedisce ai due liquidi di mescolarsi.
Come abbiamo anticipato, non esiste un solo tipo di tensioattivi: essi, infatti, vengono classificati in due categorie principali:
I tensioattivi ionici si dividono in:
I Tensioattivi anionici hanno carica negativa, e vengono usati principalmente come detergenti, ma anche nella preparazione di emulsioni e sospensioni . Sono incompatibili con i tensioattivi cationici (che neutralizzano la carica negativa) e, alcuni di essi, con le acque dure (ricche di calcio e magnesio, con i quali formano sali insolubili).
Tra essi abbiamo:
I Tensioattivi cationici hanno carica positiva in quanto, la coda lipofila è collegata ad un atomo di azoto quaternario (cosiddetto perché forma quattro legami) positivamente carico. Si tratta dei sali di:
Questi tensioattivi vengono utilizzati come antimicrobici e condizionanti; sono incompatibili, tuttavia, con i tensioattivi anionici e i pH basici, che neutralizzano la carica positiva.
Si caricano positivamente o negativamente in base al pH. Questi tensioattivi vengono usati come detergenti, emulsionanti, viscosizzanti e antimicrobici. Tra quelli di maggiore importanza abbiamo le betaine, la lecitina e le imidazoline.
I tensioattivi non ionici o neutri si dividono in:
Essi hanno la coda prevale sulla testa, pertanto sono utili soprattutto come agenti antischiuma, emulsionanti acqua in olio ed agenti bagnanti. Tra questi abbiamo gli:
Hanno la testa che prevale sulla coda, quindi sono utili come agenti solubilizzanti ed emulsionanti olio in acqua. Si distinguono in:
Sono altri tensioattivi non facenti parte dei gruppi precedenti:
Quelli che abbiamo appena visto sono tensioattivi che, a prescindere dalla natura dei reagenti, vengono ottenuti con l’intervento dell’uomo. In natura, però, esistono delle piante ricche di tensioattivi.
Le saponine sono i tensioattivi naturali per eccellenza, e prendono il nome dalla Saponaria officinalis: un’erba le cui radici (ricche degli acidi quillaico, saporubinico e saprubrinico) venivano usate per la detersione dei tessuti fin dai tempi degli Assiri. Questi composti vegetali, infatti, grazie alla testa glucidica e alla coda terpenica, si dispongono tra l’acqua e lo sporco, facilitandone la rimozione. Benché in disuso, le radici di questa pianta possono essere usate sotto forma di decotto per la detersione della cute delicata o affetta da acne, nonché per i capelli al posto dello shampoo.
Ma la Saponaria non è di certo l’unica pianta in cui possiamo trovare le saponine!
Altre fonti importanti sono:
Queste piante, tuttavia, non vengono usate come detergenti, bensì nelle affezioni catarrali (le prime cinque) e circolatorie (le restanti), per la capacità delle saponine di fluidificare il muco e stimolare la circolazione venosa.
I tensioattivi dunque, riducendo la tensione interfacciale, possono:
Detto questo, vediamo in dettaglio i diversi usi!
Si tratta dell’impiego più comune dei tensioattivi, che consiste nella rimozione dello sporco dalle superfici, siano esse corporee o inanimate. Quelli più utilizzati nella detersione sono i tensioattivi anionici (MBAS), poiché economici, molto pulenti e schiumogeni (caratteristica importante dal punto di vista psicologico).
Questi tensioattivi detergono per contrasto, sfruttando cioè la differenza di carica con lo sporco (quest’ultimo, infatti, è carico positivamente).
Possiamo riassumere la detersione per contrasto, in pochi e semplici passaggi:
Negli ultimi anni, tuttavia, si è diffuso l’impiego dei tensioattivi anfoteri e neutri per l’igiene personale, poiché più delicati rispetto ai precedenti. I tensioattivi neutri, in particolare, detergono per affinità: grazie alla somiglianza col sebo, infatti, lo solubilizzano e ne facilitano l’allontanamento.
Gli alchilbenzene solfonati (ABS), che presentano un potere sgrassante elevato, li ritroviamo esclusivamente nei detersivi per il bucato, le stoviglie e le superfici dure.
Tutti gli altri, invece, vengono usati nei prodotti per l’igiene personale:
I tensioattivi cationici invece, pur non essendo detergenti, possiedono ottime proprietà condizionanti. Usati dopo la detersione, infatti, neutralizzano l’eccesso di carica negativa nei capelli (lasciata dai MBAS), rendendoli perfettamente lisci e districabili. Per questi motivi, li ritroviamo nei balsami e nelle maschere ristrutturanti.
Sempre ai tensioattivi cationici sono ascrivibili proprietà batteriostatiche (inibiscono lo sviluppo batterico) e battericide (uccidono i batteri). Essi infatti, grazie alla carica positiva, interagiscono con le membrane negativamente cariche dei batteri, dissolvendole. Li troviamo nei disinfettanti (antimicrobici per le superfici inanimate) e negli antisettici (antimicrobici cutanei).
I tensioattivi sono ampiamente utilizzati nella formulazione di cosmetici e medicinali, per le loro proprietà umettanti, viscosizzanti, solubilizzanti ed emulsionanti.
Li troviamo, infatti, nelle:
Ultimo, ma non per importanza, l’uso dei tensioattivi nella produzione dei sistemi nanoparticellari, cioè vescicole in grado di veicolare i farmaci nel sito bersaglio (liposomi, etosomi e niosomi).
La sicurezza dei tensioattivi, in particolar modo quelli usati per la detersione, è un aspetto che merita di essere approfondito. Come visto in precedenza, infatti, alcuni di essi sono particolarmente aggressivi per la nostra pelle, tanto da essere causa di dermatiti ed allergie nei soggetti più sensibili.
ABS a parte, banditi dai prodotti per l’igiene personale, e dai quali possiamo proteggerci con l’uso dei guanti, i tensioattivi cui dovremmo stare più attenti sono i solfati, come sodio lauril solfato (SLS), e gli alchiletere solfati, come sodio lauriletere solfato (SLES).
SLS e SLES, infatti, asportano completamente il film idrolipidico, una miscela di sebo e sudore, che idrata l’epidermide e la protegge dagli agenti esterni; così facendo, dunque, compromettono l’idratazione e l’integrità cutanee, facilitando la penetrazione di allergeni e sostanze irritanti. Tra queste abbiamo gli stessi tensioattivi che, oltre a danneggiare direttamente gli strati più profondi, inattivano gli enzimi che regolano i processi fisiologici della pelle.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: i detergenti a base di SLS e SLES sono da evitare?
A meno che non soffriate di patologie particolari, come dermatite, psoriasi, acne o allergie, la risposta è no! Il motivo risiede nel fatto che le formulazioni attuali prevedono l’associazione degli SLS e SLES (tensioattivi primari) con: betaine, lipoproteine, solfosuccinati, APG, acil glutammati, acil sarcosinati e tensioattivi neutri (tensioattivi secondari), con lo scopo di ridurne l’aggressività. I tensioattivi secondari, infatti, formano micelle con SLS e SLES, le quali - rispetto ai singoli tensioattivi in soluzione - risultano essere più delicate (Come sono fatti i cosmetici, Giulia Penazzi).
Generalmente, i comuni detergenti contengono l’8-25% di tensioattivi primari e il 10-20% di tensioattivi secondari. |
Per l’igiene delle pelli sensibili o con particolari patologie, invece, sono indicati i soli tensioattivi secondari, che asportano lo sporco senza alterare la fisiologia cutanea.
A scopo esemplificativo, nel box riportiamo la formulazione di tre tipologie di shampoo: una per cute normale e due per cute sensibile (con tensioattivi ionici delicati o neutri).
Ultradolce Tesori di Miele (Garnier):
Fisio-shampoo ecobiologico (Omia laboratoires):
RestivOil fisiologico (Restiva). Contiene una miscela di tensioattivi solubilizzanti, emulsionanti e condizionanti, ovvero:
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Qui di seguito riportiamo l’INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) dei tensioattivi più comuni, cosicché possiate riconoscerli ed effettuare scelte più consapevoli.
Tensioattivi primari:
Tensioattivi secondari: Anionici delicati:
Anfoteri:
Neutri:
Tensioattivi cationici: terminano in -imonium (Cetrimonium chloride) o contengono quaternium e poliquaternium nel nome. |
Le informazioni riportate hanno uno scopo puramente illustrativo. Per qualsiasi dubbio o curiosità, consultate il medico o altro specialista della salute.
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