E’ sempre vero che mangiare pesce fa bene? Ci sono casi in cui il pesce può far male? ln generale il consumo di pesce apporta numerosi benefici all’organismo. Ma quale pesce scegliere? E quanto pesce dovremmo mangiare ogni settimana? Proviamo a rispondere a tutti questi quesiti per capire se mangiare pesce fa bene e quali sono i possibili rischi associati al consumo di alcune tipologie di pesce.
La maggior parte dei nutrizionisti sono concordi nel consigliare il consumo di una buona dose di pesce nell’ambito della propria dieta, con almeno due o tre porzioni a settimana.
Infatti, il pesce presenta innumerevoli vantaggi per la salute grazie alle sue proprietà nutrizionali ormai abbastanza note a tutto il pubblico più attento.
Una delle caratteristiche più importanti è il suo contenuto proteico, il pesce, infatti non solo viene considerata una valida alternativa alla carne, ma secondo molti sarebbe addirittura l’alternativa da preferire!
Subito dopo le proteine, in ordine di importanza, troviamo gli acidi grassi; il pesce è noto in particolare per il suo contenuto in acidi grassi polinsaturi, alleati della salute e del colesterolo buono anche se, come vedremo, non tutti i pesci sono uguali e la percentuale di acidi polinsaturi, in particolare Omega 3, contenuti varia da una specie all’altra.
Vi troviamo, inoltre, sali minerali e vitamine dei quali tratteremo i benefici nelle prossime righe. Quindi andiamo con ordine e scopriamo perchè secondo i iù mangiare pesce fa bene!
Come già accennato prima uno degli aspetti nutrizionali che caratterizza il pesce è il suo contenuto di acidi grassi, nutrienti che sono funzionali per l’uomo e per il mantenimento di un buono stato di salute. In particolare il pesce è ricco di acidi grassi polinsaturi che sono noti per i benefici che apportano a livello di apparato cardiovascolare e nell’ambito della prevenzione dell’invecchiamento cellulare.
Cosa sono gli acidi grassi polinsaturi? Gli acidi grassi sono degli acidi carbossilici a lunga catena, costituiti tutti, tranne poche eccezioni, da catene di atomi di carbonio a numero pari.Sono definiti saturi se i legami che tengono uniti tra loro gli atomi di carbonio sono dei legami singoli, mentre sono definiti insaturi se i legami tra gli atomi di carbonio sono doppi. Gli acidi grassi monoinsaturi sono quelli con un solo doppio legame nella loro struttura, mentre i polinsaturi presentano due o più doppi legami.Gli acidi grassi sono alla base della costituzione dei lipidi di origine sia animale che vegetale con la differenza che i lipidi di origine animale sono costituiti essenzialmente da acidi grassi saturi, mentre quelli di origine vegetale da acidi grassi polinsaturi. La differenza tra gli uni e gli altri è abbastanza visibile anche ad occhio nudo e intuibile anche da chi non è poi così esperto del settore!Per la loro struttura a legami singoli, le catene di acidi grassi saturi non presentano ramificazioni per cui sono in grado di interagire tra di essi all’interno di un tessuto e impacchettarsi saldamente. Il grasso animale, per così dire il lardo oppure il burro, a temperatura ambiente, appare perciò solido e compatto proprio grazie alla forte coesione tra le catene dei suoi acidi grassi. Il grasso vegetale invece, essendo costituito da acidi grassi polinsaturi che nella loro struttura presentano delle ramificazioni in corrispondenza dei doppi legami, appare più lasso in quanto gli acidi grassi non riescono a compattarsi e il grasso che ne risulta è liquido. Il grasso vegetale per eccellenza è l’olio che a temperatura ambiente è per l’appunto liquido. E’ bene ora fare una precisazione in merito alla nomenclatura degli acidi grassi in quanto ci sarà molto utile per comprendere alcuni aspetti riguardo al loro contenuto nel pesce! Gli acidi grassi, come catene di atomi di carbonio, sono costituti da un primo gruppo chimico rappresentato dal gruppo carbossilico COOH (posizione 1 o alfa) e da un gruppo metilico terminale CH3 che ne costituisce la coda (ultima posizione o omega).La nomenclatura tradizionale, ovvero quella IUPAC, prevede che un acido grasso sia indicato con un termine che indica il numero di atomi di carbonio presenti e l’eventuale posizione dei doppi legami contandoli a partire dal gruppo carbossilico.Per esempio l’acido linoleico che ha due doppi legami in posizione 9 e 12 e che è costituito da 18 atomi di carbonio si chiamerà acido octadecadienoico- delta 9- delta 12, dove delta è la lettera greca utilizzata per indicare la posizione di un doppio legame.Un altro tipo di nomenclatura, invece, prevede che i doppi legami siano contati a partire dal gruppo metilico, ovvero dal fondo della catena. Gli acidi grassi polinsaturi omega 3 sono allora gli acidi grassi che presentano il doppio legame in terzultima posizione. Un esempio tipico di omega 3 è l’acido linolenico. |
Fatta questa doverosa premessa, iniziamo a dire che il pesce, pur essendo un alimento di origine animale, ha la caratteristica di essere costituito da una percentuale elevatissima di acidi grassi polinsaturi nella sua struttura e, in particolare, dei tanto noti Omega 3.
L’acido linolenico è l’omega 3 più noto e si tratta del precursore di tutti gli altri acidi grassi Omega 3, ovvero una volta introdotto nel nostro organismo viene sottoposto a delle trasformazioni da cui originano l’EPA (acido eicosapentenoico) e il DHA (acido docosaesanoico) che rivestono un ruolo molto importante nell’ambito della nostra salute.
Puoi approfomndire i benefici dell'acido linoleico.
Vediamo insieme il perchè.
Ma tutto il pesce contiene Omega 3? No, in realtà non tutte le specie contengono lo stesso quantitativo di Omega 3, ed inoltre è stato dimostrato che la modalità di cottura utilizzata per preparare il pesce influisce tantissimo su questo aspetto.
Le varietà più ricche di acidi grassi polinsaturi sono quelle che fanno parte della categoria del famoso ‘pesce azzurro’ seguite da tonno e salmone.
Il secondo aspetto relativo alla composizione del pesce che fa sì che quest’ultimo sia un alimento dalle ottime proprietà è rappresentato dal suo elevato contenuto proteico.
Anche in tal caso di solito si generalizza affermando che il contenuto proteico del pesce è elevato ma questo non è sempre vero in quanto tutto dipende molto dalla varietà.
Secondo l’INRAN tra i pesci più ricchi di proteine troviamo il salmone, il tonno e la spigola. I mitili e le vongole sono le specie col contenuto proteico più basso mentre a metà strada tra gli uni e gli altri c’è il pesce azzurro tipico dei nostri mari.
Ma cosa sono le proteine nobili? Le proteine sono dei nutrienti fondamentali per le funzionalità del nostro organismo in quanto sono alla base della costituzione di molte strutture cellulari di sostegno,degli enzimi ed intervengono nei processi di sintesi del nostro organismo per procurargli ciò di cui ha bisogno per funzionare al meglio. Le proteine non sono nient’altro che catene di amminoacidi organizzati variamente alcuni dei quali possono essere sintetizzati dal nostro organismo, mentre altri no per cui vanno assunti con la dieta. Quelli che il nostro organismo non riesce a produrre ma di cui ha comunque assoluta necessità sono detti ‘aminoacidi essenziali’ e costituiscono le famose ‘proteine nobili’. I cibi ricchi di proteine nobili sono moltissimi, in particolare le uova al primo posto, seguite da carne, pesce e formaggi.Oggi si sente spesso parlare delle proteine dei legumi e che queste possano sostituire totalmente le proteine della carne ma non è per nulla vero in quanto le proteine contenute in cereali e legumi non sono di alto valore biologico ed è necessario integrare con carne e pesce la propria alimentazione quotidiana per assicurare un apporto corretto di elementi essenziali. |
Il contenuto di oligoelementi nel pesce è trascurabile rispetto ai principi nutritivi che abbiamo analizzato finora ma non meno importante. Tra i sali minerali di cui il pesce è ricco, infatti, possiamo citare il ferro, seppure non in quantità paragonabili a quello della carne, lo iodio che abbiamo già citato in precedenza, il fosforo e lo zinco.
Tra le vitamine in esso più abbondanti invece dobbiamo doverosamente citare le Vitamine del gruppo B, in particolare la B6 e la B12 e la Vitamina D. La vitamina D, in particolare, riveste una grande importanza nel meccanismo di assorbimento del calcio ma ha anche un ruolo nel prevenire fenomeni depressivi e il declino cognitivo. Le vitamine del gruppo B, più in generale, sono importanti per il funzionamento corretto del sistema nervoso e per la regolazione del metabolismo dei nutrienti.
Come abbiamo accennato le proprietà nutrizionali del pesce lo rendono responsabile di innumerevoli benefici per il nostro organismo. Un aspetto molto noto è sicuramente quello associato al miglioramento della memoria ma possiamo citare tanti altri riscontri positivi di un’alimentazione ricca di pesce sul nostro benessere generale come, ad esempio, il miglioramento della salute dei capelli o del funzionamento di alcuni importanti organi come la tiroide. Scopriamo questi benefici insieme.
Quante volte i nostri nonni ci hanno detto di mangiare pesce perchè fa bene alla memoria?
E tutto questo sarebbe dovuto al suo elevato contenuto in fosforo.
Sebbene fino a qualche tempo fa questa fosse una semplice credenza popolare senza alcuna base scientifica, gli studiosi dell’Università di Pittsburg le hanno dato una valenza oggettiva dimostrando che realmente il consumo di pesce, almeno una volta a settimana, aiuterebbe non solo a potenziare la memoria ma anche a mantenere giovane il cervello e a limitare la decadenza delle funzioni cognitive.
Eppure un mito da sfatare c’è! Sebbene il fosforo sia un minerale molto importante in quanto alla base di numerose molecole del nostro corpo, prima tra tutte l’ATP, molecola energetica senza cui deperiremmo, non è lui il responsabile di questa proprietà del pesce. Ancora una volta la fanno da protagonisti gli acidi grassi Omega 3.
I risultati di uno studio pubblicato su ‘American Journal of Preventive Medicine’ mostrano come i soggetti che mangiano pesce almeno una volta a settimana abbiano una materia grigia più massiccia e abbondante rispetto a coloro che non se ne nutrono e che hanno livelli sierici di Omega 3 più bassi.
Il pesce, tra l’altro, pare avere anche degli effetti sull’umore in quanto è stato visto che tutti coloro che si nutrono di Omega 3 o che li integrano nella propria dieta, oltre ad avere più memoria e capacità cognitive più sviluppate, hanno anche meno disturbi del sonno e, riuscendo a riposare meglio durante la notte, un umore più positivo. |
Un altro motivo per cui il pesce non dovrebbe mancare mai nella nostra dieta, è legato al fatto che il pesce favorisce la crescita dei capelli e limita i fenomeni di calvizie. Ancora una volta questa sua capacità è dovuta agli Omega 3!
Abbiamo accennato al fatto che gli Omega 3 hanno il compito di favorire la funzionalità cellulare rendendo i tessuti più resistenti e più forti. Ebbene, questa loro funzione si esplica molto bene a livello del bulbo capillare.
I capelli sono costituiti da cellule che prendono il nome di cheratinociti, le stesse cellule che tra l’altro sono alla base della struttura delle unghie e che ritroviamo negli strati più superficiale della nostra epidermide. Sono anche costituiti da oligoelementi, melanina che conferisce loro un determinato colore, e da lipidi.
Sono proprio i lipidi a strutturare il capello e a renderlo più forte. Sembra proprio che gli acidi grassi Omega 3 agiscano a livello del bulbo pilifero da cui si origina il capello idratandone le cellule e rendendole più funzionali. Inoltre, arricchendo la costituzione lipidica dei cheratinociti rimpolpano le cellule del capello e lo rendono più forte e robusto. Per gli stessi motivi mangiare pesce contribuisce anche alla bellezza delle nostre unghie.
La tiroide è un piccolo organo che svolge delle attività fondamentali nel nostro organismo e come tale è bene che funzioni in maniera adeguata. Tra le attività più note della tiroide troviamo la regolazione del metabolismo, quella della temperatura corporea, ma anche la regolazione ormonale alla base del benessere della pelle e dei capelli e ciò fa sì che la tiroide svolga delle funzioni improrogabili.
Un elemento fondamentale per il funzionamento della tiroide è rappresentato dallo iodio, senza il quale quest’organo tanto importante non potrebbe funzionare e non potrebbe produrre gli ormoni tiroidei (T3 e T4) che esplicano le funzioni suddette.
Oggi la nostra dieta è abbastanza povera di iodio e, soprattutto le popolazioni che non vivono sul mare e che non possono assumere lo iodio nebulizzato nell’aria, hanno delle grosse difficoltà e vanno spesso incontro ad una situazione di ipotiroidismo. La tiroide in tal caso funziona poco e male e ciò si traduce in un rallentamento del metabolismo, astenia, bradicardia, caduta di capelli dunque stato di malessere generale.
Per risolvere questo problema è stato messo in commercio il sale iodato, su istanza del Ministero della salute nel nostro Paese, ma questo può non bastare anche perchè di sale non si può eccedere per evitare di incorrere in problemi relativi a ipertensione e aumento del rischio di infarto del miocardio.
Si può integrare allora o con degli integratori appositi o, meglio ancora, con l’alimentazione.
Noi dovremmo ingerire 150 microgrammi di iodio al giorno.
Il pesce marino è ricchissimo di iodio arrivando a contenerne anche circa 3 grammi per kg di pesce. In tal caso ciascuna specie contiene iodio con pochissime differenze tra l’una e l’altra, quindi l’importante è mangiare qualunque tipologia di pesce tranne il pesce di allevamento.
Anche le alghe sarebbero ricche di iodio ma sono davvero poco diffuse nella nostra alimentazione seppure siano venute alla ribalta negli ultimi anni grazie all’avvento del sushi.
Una volta analizzate tutte le proprietà del pesce e la sua grande valenza nutrizionale è bene dare delle dritte che possano essere utili per il consumo di pesce nell’ambito della propria alimentazione. Alcuni consigli utili che vi diamo sono i seguenti:
Negli ultimi tempi, soprattutto con l’avvento del sushi e della moda del pesce crudo, molte sono le perplessità riguardanti il consumo di pesce in quanto si teme che da esso si possano assumere parassiti pericolosi per la nostra salute.
In particolare, l’Anisakis è il pericolo più temuto. Si tratta di nematodi visibili ad occhio nudo che possono anche raggiungere una lunghezza di 3 cm e che possono portare addirittura alla morte nei casi in cui la parassitosi non venga riconosciuta in tempo.
Le larve dell’Anisakis compiono il loro ciclo nell’acqua del mare: lo stadio adulto le vede svilupparsi nell’addome dei mammiferi marini. Questi nematodi depongono le uova nell’addome di balene o delfini, uova che vengono eliminate tramite le feci di questi mammiferi in acqua; le uova vengono così ingerite da piccoli crostacei e pesci nel cui addome si schiudono, originando larve che possono arrivare anche all’uomo tramite la catena trofica. I sintomi della contrazione della parassitosi sono dolori addominali intensi, vomito, diarrea e febbre che a volte possono evolvere in perforazione dell’intestino.
Il rischio maggiore per ciò che riguarda questa infezione è relativo essenzialmente al consumo di pesce crudo. Il pesce cotto non ha alcun rischio perchè a 70 gradi le larve muoiono. Per chi volesse consumare il pesce crudo si consiglia di abbatterlo 24 ore prima di mangiarlo ovvero di tenerlo ad una temperatura di almeno -20 gradi. Difficilmente però i frigoriferi domestici raggiungono queste temperature, per cui è bene tenere il pesce in freezer per circa 96 ore se si vuole realizzare del buon sushi senza rischi a casa propria.
Altro rischio del pesce consumato crudo e’ la Listeria, batterio che può essere causa di meningiti e polmoniti e a volte condurre a morte, ma citiamo anche l’ E.coli e le salmonelle che causano delle gastroenteriti che in genere si risolvono tra le 24 e le 48 ore. Per ciò che riguarda anche questi batteri il rischio di contarne le relative infezioni è connesso al consumo di pesce crudo o poco cotto. La cottura elimina ogni rischio.
E voi amate il pesce? Quanto ne consumate nel corso della settimana?
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