Dormire poco fa male? Cause, rimedi e conseguenze

Consulente Scientifico:
Dottoressa Jessica Zanza
(Specialista in farmacia)

Dormire poco fa male? Nell’articolo approfondiremo cause, conseguenze e rimedi della carenza di sonno, una condizione spesso patologica che può compromettere la salute e la qualità della vita di chi ne soffre. Scopriamone di più!

    Indice Articolo:
  1. Fa male?
  2. Cause
  3. Conseguenze
  4. Rimedi  

Dormire poco fa male? Quando il sonno non è sufficiente?

I ritmi sempre più frenetici, e la diffusione a tutto spiano delle nuove tecnologie, ci portano a dormire sempre meno, con ripercussioni anche molto gravi sul piano fisico e mentale (Covassin and Singh, 2016). Un sonno di durata insufficiente, infatti, oltre a non consentire il recupero delle forze, altera tutti quei processi il cui controllo spetta ad ormoni e neurotrasmettitori, rilasciati in funzione del ritmo sonno/veglia.

In particolare, secondo la National Sleep Foundation, il sonno è insufficiente quando dura:

 

  • meno di 14 ore tra 0 e 3 mesi;
  • meno di 12 ore tra 4 e 11 mesi;
  • meno di 11 ore tra 1 e 2 anni;
  • meno di 10 ore tra 3 e 5 anni;
  • meno di 9 ore tra 6 e 13 anni;
  • meno di 8 ore tra 14 e 17 anni;
  • meno di 7 ore oltre i 18 anni.

 

Gli effetti del dormire poco: i sintomi della carenza di sonno.

Il sonno di breve durata, che può essere tale perché si tarda ad addormentarsi, ci si sveglia precocemente o entrambe le cose, è caratterizzato da sintomi che tutti abbiamo provato, almeno una volta nella vita. Questi si manifestano già l’indomani, e possono provocare non pochi problemi a scuola o sul posto di lavoro.

Tra questi abbiamo:

  • sonnolenza diurna,

  • disturbi gastrointestinali,

  • mal di testa,

  • occhi irritati,

  • affaticamento o malessere generale,

  • mancanza di motivazione,

  • difficoltà di attenzione e concentrazione,

  • deficit di memoria,

  • irritabilità,

  • umore depresso,

  • rallentamento psicomotorio,

  • problemi sociali,

  • facilità a compiere errori sul posto di lavoro, a scuola o alla guida.

Detto questo, vediamone le cause!

Perché si dorme poco? Le cause principali.

Il sonno corto è dovuto a molteplici cause, purtroppo non sempre identificabili (nel qual caso viene definito idiopatico o primario). Per ovvie ragioni, dunque, noi ci occuperemo solo delle forme non idiopatiche o secondarie, dovute a cause ben precise.

Vediamole!

La breve durata del sonno, in particolare, può essere dovuta a:

  • condizioni ambientali ostili (temperature troppo alte o troppo basse, rumori, letto e cuscino scomodi);

  • altitudini sopra i 3.000m;

  • letto o camera diversi da quelli abituali;

  • ospedalizzazione e dolore;

  • situazioni psicologiche stressanti (spiacevoli e non);

  • alterazioni del ritmo sonno/veglia, dovute al cambiamento di fuso orario (sindrome da jet-lag) o del turno di lavoro (sindrome del turnista).

In particolare:

  • nelle donne che soffrono di sindrome premestruale (un insieme di sintomi che precedono le mestruazioni) il sonno insufficiente si manifesta nel 66% dei casi, a partire dal 15° giorno del mese fino al 28° (Jehan et al., 2017);

  • le donne in gravidanza dormono poco e male non solo per le fluttuazioni ormonali, ma anche per il continuo bisogno di andare in bagno (l’utero comprime la vescica), i crampi alle gambe ed i problemi respiratori e gastrici (Bourjeily, 2009);

  • le donne in menopausa, invece, sono afflitte dai sintomi caratteristici di questa fase molto delicata, quali: vampate di calore, ansia e depressione, che possono ritardare il sonno, frammentarlo o anticipare il risveglio (Dr. Mario Antonio Congiu).

Ma di quali malattie si tratta?

Ve ne sono numerose:

  • malattie psichiatriche, come ansia e depressione, che possono essere sia causa che conseguenza del sonno corto, poiché condividono le alterazioni neurobiologiche alla base del problema;

  • malattie neurologiche, come il morbo di Parkinson, le demenze, l’epilessia e l’emicrania;

  • malattie internistiche, come quelle cardiovascolari, renali, respiratorie, reumatiche, gastrointestinali, tumorali, cutanee e metaboliche (diabete, patologie tiroidee e fenilchetonuria). Come per le patologie psichiatriche, il sonno può conseguire o essere causa di alcune di esse, ma approfondiremo questo aspetto più avanti.

Tra i farmaci e le sostanze più comuni abbiamo:

  • antipertensivi,

  • diuretici,

  • corticosteroidi,

  • teofillinici,

  • ormoni tiroidei,

  • antiparkinson,

  • antitumorali,

  • caffeina,

  • sostanze d’abuso (nicotina, alcol, cocaina, amfetamina, etc.).

In base alla sua intensità, misurata dai recettori ipGCR della retina, l’orologio biologico regola la secrezione di melatonina (l’ormone del sonno) da parte della ghiandola pineale. In particolare:

  • se l’intensità è alta (come nelle ore diurne), la secrezione viene soppressa, favorendo la veglia;

  • invece, se l’intensità è bassa (come nelle ore crepuscolari), la secrezione viene stimolata, favorendo il sonno.

L’uso eccessivo dei dispositivi a LED, quali smartphone, tablet e pc, ha notevolmente incrementato l’esposizione alla luce blu e le ripercussioni sul sonno. Utilizzati per molte ore al giorno infatti, soprattutto in quelle crepuscolari, questi dispositivi ingannano l’orologio biologico, facendogli credere di trovarci in pieno giorno quando così non è; di conseguenza, quest’ultimo ritarda la secrezione di melatonina e con essa il sonno, col risultato che si dorme meno (Hatori et al., 2017).

Ma un sonno poco duraturo può avere delle conseguenze? Se si, quali? Continuate a leggere e lo scoprirete!

Le conseguenze del dormire poco.

Sia gli studi sperimentali, sia quelli epidemiologici, sono concordi nell’affermare che la privazione del sonno può avere effetti deleteri sulla salute psicofisica, a breve e a lungo termine. Vediamo meglio di cosa si tratta!

Conseguenze sull’aspetto: dormire poco rende più brutti!

Dormire poco può influire notevolmente sull’aspetto e la percezione che diamo agli altri, purtroppo in senso negativo. Le persone con un’aria stanca e sciupata, infatti, non solo vengono considerate poco attraenti, ma vengono tendenzialmente evitate poiché gli animali (uomini inclusi) associano la stanchezza alla malattia (Sundelin et al., 2017).

Sundelin e colleghi hanno evidenziato questi effetti in un gruppo di 25 persone, alle quali sono state scattate due fotografie:

  • una dopo aver dormito 8 ore per notte, due volte consecutive (sonno di durata ideale);

  • un’altra dopo aver dormito solo 4 ore per notte, due volte consecutive (sonno insufficiente).

Le foto, quindi, sono state sottoposte al parere di 122 osservatori. Dalla valutazione è emerso non solo che reputavano i soggetti stanchi poco attraenti e malaticci, rispetto alla controparte riposata, ma che erano meno disposti a socializzare con essi. Le persone, infatti, tendono ad attribuire qualità positive, come la socievolezza, ai simili di bell’aspetto, mentre tendono a considerare asociali e malaticci quelli dall’aspetto stanco (e, quindi, poco attraente).

Gli stessi autori, in uno studio del 2013, avevano documentato i segni sul volto delle persone che dormono poco.

40 osservatori hanno visionato le foto di 10 soggetti (5 uomini e 5 donne) dopo una notte di sonno normale o ridotto. Tra i segni riscontrati:

  • pallore cutaneo,

  • occhi socchiusi ed arrossati,

  • occhiaie,

  • borse,

  • angoli della bocca verso il basso.

Questi, però, sono solo gli effetti nell’immediato. Dormire poco, infatti, giorno dopo giorno, accelera l’invecchiamento della pelle, portando alla comparsa precoce delle rughe, e provoca l’indebolimento e la perdita dei capelli.

Durante il sonno infatti, sotto lo stimolo del GH (l’ormone della crescita), vengono prodotte nuove proteine con lo scopo di riparare i tessuti danneggiati. Se non si dorme, quindi, cala la produzione di collagene ed elastina (importanti per il tono e l’elasticità cutanei) e cheratina (costituente i capelli), portando agli effetti sopraccitati (Gottesman and Hamon, 1987).

Dormire poco danneggia il cervello: le lesioni neurologiche.

Dormire poco è nocivo per i neuroni? E se si, gli effetti sono reversibili o permanenti? Se lo son chiesto Zhao e colleghi che, proprio nel 2017, hanno pubblicato una revisione di studi per rispondere a queste domande. Ebbene, gli autori sono giunti alla conclusione che si, dormire poco danneggia le cellule nervose e che, a lungo andare, gli effetti diventano irreversibili.

Dagli studi effettuati sui topi, pare che i neuroni coinvolti siano quelli orexinergici e del locus coeruleus, regolanti il ritmo sonno/veglia e le funzioni cognitive (attenzione e apprendimento). Queste cellule, in particolare, soccombono a causa dei radicali liberi, come evidenziato dall’accumulo di marker dell’ossidazione (lipofuscina e proteine iperacetilate).

Queste alterazioni non solo riducono ulteriormente le ore di sonno, instaurando un circolo vizioso, ma hanno anche effetti negativi sull’attenzione e l’apprendimento, tanto da essere associate allo sviluppo di Alzheimer nei topi.

Disturbi psichiatrici:gli effetti psicologici del dormire poco.

La privazione del sonno favorisce lo sviluppo di ansia e depressione, poiché altera la secrezione di cortisolo (necessario per affrontare lo stress quotidiano) e serotonina (il mediatore del buonumore).

Questi effetti, in particolare, sono particolarmente evidenti nei soggetti con un ritmo sonno/veglia alterato, come quelli che lavorano la notte o che vivono in prossimità dei poli (Tosini et al., 2016).

In uno studio che ha coinvolto 1.197 lavoratori sani, quelli che dormivano meno di 6 ore per notte, avevano una maggiore tendenza a sviluppare sintomi depressivi rispetto a quelli con un sonno normale (Sakamoto et al., 2013).

Dormire poco fa ingrassare? Effetti del poco sonno su obesità e diabete

Lucassen e colleghi (2012) hanno esaminato in maniera approfondita la relazione tra aumento di peso, insulino-resistenza e sonno di breve durata. Dai dati inclusi nella revisione, emerge un fattore di rischio elevato per lo sviluppo di obesità e diabete nei soggetti che dormono poco.

Il rischio è stato quantificato con l’ODD RATIO: un parametro che esprime il confronto tra la frequenza di comparsa della patologia nei soggetti che dormono poco e in quelli che dormono normalmente. In particolare:

  • l’OR per l’obesità è di 1,55 negli adulti che dormono meno di 5 ore/notte e 1,89 nei bambini che dormono meno di 10 ore/notte, ed è stato calcolato in una metanalisi di 45 studi clinici (per un totale di 504.509 adulti e 30.002 bambini);

  • l’OR per il diabete, invece, è di 1,28, come calcolato in una metanalisi pubblicata nella prestigiosa rivista Diabetes care (Cappuccio et al., 2010).

Nota bene: un OR > 1 indica che l’esposizione ad un determinato evento (in questo caso il sonno corto) rappresenta un fattore di rischio per una determinata patologia (obesità, diabete), la cui entità aumenta mano a mano che ci si allontana da 1.

Dormire poco, infatti, altera la secrezione dei mediatori regolanti il metabolismo, il cui controllo spetta all’orologio biologico (localizzato in una regione dell’ipotalamo chiamata nucleo soprachiasmatico).

Si tratta di ormoni e neurotrasmettitori, quali:

  • T3 e T4, regolanti il dispendio energetico;

  • cortisolo e ormone della crescita, modulanti il metabolismo glucidico;

  • adiponectina, noradrenalina e adrenalina, che influenzano sia il dispendio energetico, sia il metabolismo glucidico.

Così facendo, dunque, la carenza di sonno:

Dagli studi, inoltre, emerge che dormire poco per due notti consecutive aumenta il Quoziente Respiratorio (QR), un parametro che consente di determinare la proporzione di grassi e carboidrati usati a scopo energetico. Ricordiamo che, un QR alto, è predittivo di aumento ponderale, poiché l’organismo brucia gli zuccheri ma non i grassi che tendono, dunque, ad accumularsi. Dormire poco, infatti:

  • riduce i livelli di T3 e T4, gli ormoni tiroidei, che stimolano il metabolismo basale;

  • riduce i livelli di adiponectina, un ormone secreto dall’adipe, che riduce l’appetito e regola il metabolismo degli zuccheri (ne facilita la combustione) e dei grassi (ne riduce l’assorbimento alimentare e la sintesi endogena, mentre ne promuove la combustione).

CLOCK 3111T/C è la variante di uno dei geni che regolano il cronotipo, cioè la preferenza per la vita notturna o diurna. Studi dimostrano che gli obesi con questa variante:

  • dormono 20’ in meno rispetto ai non portatori;

  • mangiano più grassi saturi e proteine, soprattutto in tarda giornata;

  • resistono maggiormente alla perdita di peso.

Gli effetti sull’appetito sono ascrivibili, anche in questo caso, agli squilibri ormonali indotti dalla privazione del sonno.

Essa, infatti:

  • riduce i livelli di leptina (l’ormone secreto dall’adipe dopo i pasti, placante l’appetito);

  • aumenta i livelli di grelina (l’ormone secreto dallo stomaco a digiuno, stimolante l’appetito);

  • aumenta i livelli di orexine A e B (i peptidi rilasciati dall’ipotalamo al risveglio, stimolanti l’appetito).

Alla base dell’insulino-resistenza, parrebbe esserci uno stato infiammatorio globale indotto dal sonno corto, che renderebbe i tessuti meno responsivi all’ormone.

Dormire poco abbassa le difese: alterazioni del sistema immunitario

Dormire poco ha influenze negative sul sistema immunitario, poiché aumenta i livelli ematici di ormoni, quali cortisolo, noradrenalina e adrenalina, solitamente bassi durante la notte (Irwin, 2014). In particolare:

Studi dimostrano che, chi dorme meno di 6 ore per notte, ha un rischio 2,94 volte maggiore di contrarre il raffreddore, rispetto a chi ne dorme 8 (Cohen et al., 2009).

Poco sonno fa male al cuore: patologie cardiovascolari.

Ebbene sì, dormire poco aumenta il rischio d’ipertensione e infarto: è quanto emerge da una revisione sistematica, a cura di Covassin e Singh (2016), nella quale sono stati raccolti i dati provenienti da importanti studi epidemiologici. In particolare, chi dorme poco ha il 20-32% di probabilità in più di diventare iperteso e l’11,1% in più di avere un infarto.

A lungo andare, infatti, la carenza di sonno fa sì che la noradrenalina (un mediatore che innalza la pressione) venga rilasciata in maggiori quantità la notte, periodo nel quale i suoi livelli sono normalmente bassi. La noradrenalina, quindi, legandosi ai suoi recettori nelle piccole arterie, ne riduce il calibro e, così facendo, aumenta la pressione. La pressione alta, a sua volta, danneggia il lume interno dei vasi, facilitando l’accumulo dei lipidi e la formazione delle placche aterosclerotiche; queste ultime, ostruendo il lume dei vasi, riducono l’apporto di sangue al cuore, aumentando il rischio di infarto (Covassin and Singh, 2016).

Infertilità maschile.

Secondo un recente studio, dormire poco aumenterebbe il rischio di infertilità maschile (definita dall’OMS come una conta di spermatozoi inferiore ai 15 milioni per mL di sperma) attraverso la produzione di anticorpi contro le cellule seminali (Liu et al., 2017).

Lo studio ha coinvolto 981 uomini cinesi in salute, randomizzati in tre gruppi in base alla durata del sonno (corto, medio e lungo). Benché il meccanismo sia ancora ignoto, Liu e colleghi hanno constatato che dormire poco e tardi riduce sia la sopravvivenza degli spermatozoi (e, dunque, la conta), sia la motilità dei superstiti.

Tumore del colon-retto.

Thompson e colleghi (2010) hanno trovato un’associazione significativa tra la carenza di sonno e il rischio di sviluppare l’adenoma del colon-retto. Dall’analisi delle colonscopie, infatti, si è visto che gli individui che dormono meno di 6 ore per notte hanno almeno il 50% delle probabilità in più di svilupparlo; addirittura, l’entità dell’associazione è paragonabile a quella esistente nei parenti dei malati di cancro. Secondo l’ipotesi più accreditata, questo rischio sarebbe correlato agli squilibri immunitari indotti dal sonno corto, che portano ad uno stato infiammatorio cronico, dannoso per i tessuti (Irwin, 2014).

Ne abbiamo visto sintomi, cause e conseguenze. Ma esistono dei rimedi che prolungano la durata del sonno? Ne parleremo nel prossimo ed ultimo paragrafo!

Come rimediare alla carenza di sonno? Rimedi naturali e farmacologici.

Eccoci giunti alla parte che più interessa, probabilmente, coloro che soffrono di questo disturbo: quella dei rimedi. Per ordine e semplicità, li divideremo in due categorie principali:

L’uso degli uni, piuttosto che degli altri, è strettamente correlato all’entità del disturbo e alla storia clinica del paziente, indagata dal medico curante. Ma ora, vediamoli in dettaglio!

Rimedi naturali per la carenza di sonno

Eccoci ai rimedi utili per trattare le forme più lievi del disturbo, che richiedono comunque un uso responsabile, basato sulla visita medica o sul consiglio del farmacista.

Igiene del sonno

Come abbiamo anticipato, l’igiene del sonno include un insieme di comportamenti che tutti, a prescindere dalla salute, dovremmo adottare per dormire a sufficienza. Talvolta, infatti, si dorme poco a causa di abitudini scorrette, come l’uso di dispositivi a LED o il consumo di bevande stimolanti nelle ore serali; in molti di questi casi, dunque, il problema può essere risolto adottando uno stile di vita sano.

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Detto ciò, vediamo le abitudini che garantiscono una buona igiene del sonno!

Ma in che modo?

  • Se siete fuori casa, soprattutto in estate quando le giornate sono più lunghe, indossate gli occhiali da sole anche dopo le 18:00 (la luce blu, infatti, fa parte dello spettro di luce naturale).

  • Se vi trovate a casa invece, ed utilizzate pc, smartphone, tablet o altri dispositivi a LED, dovreste indossare le lenti che filtrano la luce blu emessa dagli schermi.

  • Dopo le 21:00, riducete al minimo l’uso di questi dispositivi e non teneteli in camera da letto, onde evitare inutili distrazioni.

Melatonina.

La melatonina è un ormone prodotto nell’epifisi, o ghiandola pineale, a partire dall’aminoacido triptofano. Diversamente da altri rimedi, quella esogena (introdotta, cioè, dall’esterno) non agisce in maniera diretta sulla durata del sonno, bensì sul ritmo sonno/veglia. Assunta nelle ore serali, infatti, anticipa il sonno, aumentando la sua durata nei soggetti che vanno a dormire tardi ma devono svegliarsi, per forza di cose, presto.

Essa, dunque, è l’ideale in caso di:

  • cambi di stagione o fuso orario;

  • lavori strutturati in turni;

  • stress,

  • il semplice avanzare dell’età (la sua secrezione, infatti, si riduce col passare del tempo).

L’efficacia nei casi suddetti è stata confermata in una revisione a cura di Costello e colleghi (2010), che hanno raccolto i dati provenienti da ben 35 studi clinici (l’80% dei quali di alta qualità).

Come e quando assumerla?

La melatonina viene assunta, generalmente, in compresse da 1mg almeno un’ora prima di andare a dormire, benché le linee guida di SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) e AIMS (Associazione Italiana Medicina del Sonno) ne raccomandino l’assunzione entro le 21:00.

Nei bambini o nei pazienti con problemi di deglutizione si ricorre alle gocce, più semplici da assumere, mentre nei pazienti sopra i 55 anni, che dormono poco senza causa apparente, il medico può prescrivere le compresse da 2mg.

Ma la melatonina è sicura?

La melatonina è sicura, come documentato nella revisione dei sopraccitati Costello e colleghi. Seppur raramente, tuttavia, può causare:

L’assunzione, inoltre, è controindicata nei seguenti casi:

  1. pazienti che soffrono di psicosi e disturbi dell’umore, come depressione e disturbo bipolare, perché in taluni casi può peggiorare i sintomi depressivi, mentre in altri l’irrequietezza;
  2. pazienti ipertesi, diabetici o con disturbi della coagulazione, per possibili interazioni farmacologiche;
  3. gravidanza e allattamento, a meno che non sia prescritta dal medico, perché non ci sono studi relativi alla sicurezza in questi casi.

Un discorso a parte, infine, meritano i bambini: in questo caso, l’uso è previsto quando le sani abitudini non risolvono il problema, e non dovrebbe mai protrarsi a lungo (massimo qualche settimana).

Secondo alcuni studi, infatti, la melatonina potrebbe influire sullo sviluppo dell’apparato riproduttivo, cardiovascolare, endocrino ed immunitario (Irma D’Aria, La Repubblica).

Griffonia simplicifolia.

Tra tutti i rimedi erboristici, la Griffonia è quella che più si avvicina alla melatonina. Dai semi di questa pianta, infatti, si ottiene un estratto ricco di 5-idrossitriptofano che, una volta captato dall’epifisi, viene convertito in melatonina (Turner et al., 2005). La Griffonia, dunque, aumenta la durata del sonno non solo in caso di alterazioni del ritmo sonno/veglia, ma anche nei pazienti ansiosi, tendenzialmente tristi o che soffrono di fame nervosa (il 5-idrossitriptofano, infatti viene convertito anche in serotonina, regolante l’umore e l’appetito). I benefici ad essa attribuiti, tuttavia, devono trovare ancora conferma.

Approfondisci le proprietà della Griffonia simplicifolia.

Come e quando assumere la Griffonia?

Per una maggiore efficacia, si può assumere la Griffonia (25mg) in associazione alla melatonina (1mg), un’ora prima di andare a dormire.

La Griffonia è sicura?

Alle dosi abituali la Griffonia è sicura. Essa, tuttavia, è controindicata:

Valeriana officinalis.

Le parti sotterranee della Valeriana (radici, rizomi e stoloni) contengono principi attivi che favoriscono il sonno, aiutano a mantenerlo (aumentandone la durata) e riducono la tensione emotiva. L’olio essenziale, i valepotriati e i flavonoidi della Valeriana, infatti, potenziano il segnale del GABA: un neurotrasmettitore che, legandosi ai suoi recettori, riduce l’eccitabilità nervosa, favorendo il sonno.

Secondo alcuni autori, i principi attivi della Valeriana, aumenterebbero la produzione di GABA e il legame coi suoi recettori (Riedel et al., 1982; Santos et al., 1994; Ortiz et al., 1999).

Benché non manchino evidenze positive sull’efficacia, sono necessari studi più rigorosi, per confermare tali benefici (Bent et al., 2006).

Come e quando assumere la Valeriana?

La Valeriana è disponibile sotto forma di estratti secchi o fluidi, da assumere un’ora prima di andare a letto. Benché la dose dipenda dal titolo dell’estratto, ovvero la concentrazione degli attivi, la dose per i disturbi del sonno è di 300mg.

La Valeriana è sicura?

Alle dosi consigliate gli estratti sono ben tollerati, benché talvolta possano comparire disturbi gastrointestinali, quali:

L’assunzione, inoltre, è controindicata:

Melissa officinalis.

Anche la Melissa è un rimedio utile se si dorme poco a causa dell’ansia. Le sue foglie, infatti, contengono dei principi attivi (olio essenziale, triterpenoidi e acidi fenolici) che potenziano il segnale del GABA, agendo da ipnotico-sedativi ed ansiolitici al contempo (Abuhdamdah et al., 2008; Award et al., 2009). Tali benefici, tuttavia, sono supportati da pochi studi clinici (Cases et al., 2011).

Puoi approfondire benefici e controindicazioni della melissa.

Come e quando assumere la Melissa?

Possiamo assumerla sotto forma di infusi ed estratti secchi o fluidi, un’ora prima di andare a dormire.

La dose media è di:

  • 2-5g di foglie secche, lasciate in infusione per 5’-10’, in 200mL di acqua bollente;
  • 275-550mg di estratto secco da deglutire con abbondante acqua;
  • 15-20gtt di estratto fluido da diluire in poca acqua.

La Melissa è sicura?

La Melissa, purtroppo, non è scevra da rischi e controindicazioni. Il suo impiego, in particolare, è controindicato in caso di:

Passiflora incarnata.

Giungiamo, infine, all’ultimo dei rimedi naturali: la Passiflora. Le sommità fiorite, ricche di flavonoidi e alcaloidi indolici, possono allungare la durata del sonno in caso di risveglio precoce, con un meccanismo ancora da chiarire (Zanoli et al., 2000). L’efficacia clinica, tuttavia, non è stata ancora dimostrata (Miroddi et al., 2013).

Come e quando assumere la Passiflora?

Questo rimedio può essere assunto sotto forma di infuso o estratto secco, un’ora prima di andare a dormire.

La dose usuale è di:

  • 3-5g di sommità fiorite essiccate, lasciate in infusione per 10’, in 200mL di acqua bollente;
  • 300-600mg di estratto secco da deglutire con abbondante acqua.

La Passiflora è sicura?

Ad alte dosi e nei soggetti sensibili, la Passiflora può provocare incubi a causa dell’armina, una sostanza allucinogena. Si sconsiglia l’assunzione in gravidanza, durante l’allattamento e nell’infanzia, per mancanza di studi sulla sicurezza.

Rimedi farmacologici per prolungare il sonno.

Veniamo, infine, ai farmaci ipnotico-sedativi, prescritti dal medico nelle forme più severe del disturbo. Si tratta di farmaci in grado di aumentare il segnale del GABA (il neurotrasmettitore inibitorio più importante) per legame diretto coi suoi recettori.

Vediamoli in dettaglio!

Le benzodiazepine più adatte allo scopo sono quelle a breve emivita (che vengono eliminate, cioè, in meno di sei ore) come il triazolam (Halcion, Songar).

Grazie a questa caratteristica, infatti, si riduce l’incidenza di:

  • effetto post-sbornia al mattino (confusione, capogiri, mal di testa, umore alterato e rallentamento motorio);
  • tolleranza, ovvero l’aumento della dose per ottenere lo stesso effetto;
  • dipendenza fisica, che si manifesta con sintomi opposti a quella del farmaco (insonnia, ansia).

Posologia e modalità di assunzione

Il triazolam si assume in gocce o compresse, alla dose di 0,125-0,250mg prima di andare a dormire, per un massimo di quattro settimane (inclusa la fase di sospensione).

Effetti avversi e controindicazioni

Il triazolam purtroppo, nonostante i vantaggi sopraccitati, non è comunque scevro da rischi.

Attenzione!

Anche il triazolam può provocare dipendenza, soprattutto quando si interrompe bruscamente la terapia. A scopo preventivo, dunque, è necessario ridurre gradualmente la dose, fino alla completa interruzione.

L’assunzione, inoltre, è controindicata:

Posologia e modalità di assunzione.

Zolpidem viene assunto alla dose di 10mg, poco prima di andare a dormire, per un periodo massimo di quattro settimane (inclusa la fase di sospensione). Studi scientifici suggeriscono una somministrazione discontinua del farmaco (3-4 volte alla settimana, in vista di giornate particolarmente sfiancanti) per responsabilizzare il paziente all’uso (SIMG-AIMS).

Effetti avversi e controindicazioni.

Questo farmaco, i cui effetti terapeutici si mantengono per una settimana dopo la sospensione, provoca tolleranza e dipendenza fisica meno di frequente rispetto alle benzodiazepine (a patto che venga usato e sospeso gradualmente, come visto in precedenza).

Esso tuttavia, quando somministrato troppo tardi, può causare:

  • sonnolenza diurna,
  • capogiri,
  • mal di testa,
  • rallentamento motorio,
  • amnesia anterograda (difficoltà a memorizzare dopo l’uso).

Altri effetti comuni sono:

  • affaticamento,
  • agitazione,
  • allucinazioni,
  • incubi.

L’uso dello zolpidem è controindicato:

Se dormite poco, infine, il consiglio è uno solo: rivolgetevi al medico!

L’articolo, infatti, ha uno scopo puramente illustrativo e non sostituisce il rapporto medico-paziente.

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Consulente Scientifico:
Dottoressa Jessica Zanza
(Specialista in farmacia)

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