Il Picacismo spinge i soggetti che ne sono affetti a mettere in bocca e mangiare qualsiasi cosa capiti loro tra le mani. In alcuni casi si tratta di bambini con ritardo mentale, in altri di bambini apparentemente sani, raramente di adulti. Vediamo di cosa si tratta
Il Picacismo (o disturbo Pica) è un disturbo del comportamento alimentare molto particolare che consiste nel mangiare persistentemente sostanze non alimentari come gesso, carta, monete, capelli, plastica e addirittura sporcizia, escrementi o pietre.
Il termine Pica arriva da molto lontano ed è il nome latino della gazza ladra, il volatile noto per la sua voracità e la sua capacità di mangiare “tutto”.
Come l’uccello Pica si nutre di una gran varietà di sostanze, allo stesso modo, soggetti affetti da Picacismo mangiano proprio tutto, compresi i non-alimenti.
In base alla sostanza ingerita, è possibile anche utilizzare, al posto del termine Pica o Picacismo, un termine sostanza-specifico come litofagia se la sostanza ingerita sono le pietre, tricofagia nel caso in cui il soggetto ingerisca capelli, etc.
E’ importante, però, sottolineare che nel Picacismo la sostanza non alimentare ingerita non è necessariamente sempre uguale e che il soggetto può di volta in volta ingerire sostanze (non alimentari) differenti.
Il Picacismo è un disturbo del comportamento alimentare tipico dell’età infantile e della prima fanciullezza con esordio più frequente tra i 12 e i 24 mesi.
Si tratta quindi di un disturbo che, secondo il DSM IV Tr (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), non viene quasi mai diagnosticato in età adulta o adolescenziale. Infatti, sono rari i casi di soggetti adulti con questo disturbo e la letteratura scientifica evidenzia come l’abitudine a mangiare sostanze non alimentari scompare con la crescita.
Ma come mai alcuni bambini, ad un certo momento del loro sviluppo, iniziano a mangiare regolarmente sostanze non alimentari? Proviamo ad esplorare insieme le origini di questo strano disturbo.
Individuare le “cause” del Picacismo è estremamente difficile, non esiste, infatti, una causa certa di questo disturbo ed è possibile solo fare alcune ipotesi.
Considerata l’età media di esordio, è possibile riferire il disturbo alimentare al contesto familiare di riferimento giacché, fatti salvi i casi di ritardo mentale, non è idoneo pensare a problemi o alterazioni del pensiero e della cognizione né tanto meno a conflitti inconsci.
Secondo le più autorevoli teorie psicodinamiche, infatti, l’alimentazione è una sfera molto importante dello sviluppo psico-fisico del bambino che pone l’accento sulla qualità della relazione genitori-bambino. In Italia, non sono pochi gli studiosi che si sono occupati di questo filone di ricerca e tra i più autorevoli nel campo della psicologia troviamo il gruppo del professore Ammaniti M. secondo cui l’alimentazione, a partire dall’allattamento e lo svezzamento, rappresenta il primo importante momento di interazione madre-bambino. |
Relazioni familiari buone, basate sull’ascolto, la condivisione e l’espressione delle emozioni sarebbero il terreno fertile per una sana alimentazione infantile. Al contrario, un clima familiare caratterizzato da conflitti, chiusura relazionale ed evitamento delle emozioni potrebbe rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi del comportamento alimentare, tra cui il Picacismo
Pertanto, non è possibile stabilire cosa o chi può provocare il Picacismo, ma è invece possibile riconoscere, più in generale, i sistemi familiari disfunzionali in cui uno o più membri possono essere particolarmente esposti al rischio di disturbi psicopatologici di tipo alimentare.
Da un punto di vista clinico, il Picacismo appare di facile riconoscimento dal momento che il sintomo è unico e riguarda proprio l’ingestione di sostanze non alimentari.
Come detto prima però la sostanza non alimentare ingerita non è per forza sempre la stessa, il soggetto può costantemente ingerire sostanze (non alimentari) differenti. In questo ultimo caso, il disturbo può anche essere chiamato allotriofagia (“allo” da altro + “fagia” = ingestione, quindi ingestione di “altro”). I bambini e gli adulti che soffrono di picacismo possono ingerire ad esempio:sabbia; argilla;sporcizia;palle di pelo;feci di animali; ghiaccio;vernice, etc...
Sebbene il quadro sintomatologico sembri molto chiaro, per poter fare diagnosi di Picacismo, è necessario che vengano soddisfatti alcuni criteri ben precisi, relativi alla durata del sintomo, al livello di sviluppo del soggetto, al suo generale rapporto con il cibo e al suo contesto socio-culturale di appartenenza.
Relativamente alla durata, la sporadicità e la singolarità degli episodi in cui si verifica l’ingestione di sostanze non alimentari non comportano la diagnosi di Picacismo che, infatti, è caratterizzato dalla persistenza di tale comportamento alimentare. Secondo il DSM IV Tr, la classificazione psichiatrica dei disturbi mentali condivisa dalla comunità scientifica, il sintomo alimentare deve manifestarsi per almeno un mese. Pertanto, se un bambino ingerisce una sola volta una sostanza non alimentare, non è possibile fare diagnosi di tale disturbo.
L’ingestione della sostanza non alimentare, inoltre, deve essere inadeguata al livello di sviluppo. In altre parole, il comportamento alimentare deve essere incongruo all’età mentale (e non necessariamente anagrafica) del soggetto. Per cui, se siamo in presenza di un bambino molto piccolo o di un soggetto con un grave disturbo mentale (psicosi o ritardo mentale), l’assunzione di sostanze non alimentari potrebbe non essere diagnosticata come Picacismo, giacché tale comportamento potrebbe essere interpretato alla luce della immaturità cognitiva del bambino o del quadro clinico psicopatologico globale. Nei casi di ritardo mentale o schizofrenia, per esempio, una strana alimentazione è solo uno dei sintomi conclamati e sicuramente non il più preoccupante; pertanto, l’eventuale diagnosi di Picacismo è solo secondaria alla diagnosi principale. Nei bambini affetti da Picacismo, invece, non si riscontrano altre anomalie comportamentali se non quello alimentare relativo alla/e sostanza/e anomale ingerite.
Inoltre, i soggetti con Picacismo non manifestano una generale avversione per il cibo e, pertanto, sono soggetti che solitamente mangiano e apprezzano gli alimenti commestibili, fatta eccezione per i rari casi di Picacismo più gravi in cui lo stomaco del soggetto è praticamente talmente già pieno delle sostanze non alimentari da non lasciare spazio a quelle alimentari.
Infine, per poter fare una diagnosi di Picacismo, è necessario che l’ingestione delle sostanze non alimentari non sia giustificata dalle abitudini e dagli usi della cultura di appartenenza del soggetto. Per esempio, se un soggetto appartiene ad una cultura orientale in cui vengono abitualmente ingerite sostanze come piante ad uso curativo non utilizzate in culture occidentali, non è possibile fare diagnosi di Pica giacché tale comportamento non rappresenta in alcun modo un disturbo mentale trattandosi, anzi, di un comportamento del tutto adeguato e congruo al contesto socio-culturale di riferimento.
La diagnosi di Picacismo inizia spesso con il ricovero del piccolo paziente che, nella maggior parte dei casi, arriva in ospedale o al pronto soccorso per avvelenamento. Le sostanze ingerite, proprio perché non alimentari, potrebbero infatti provocare una grave intossicazione o un grave danno nel corpo del bambino.
Una delle conseguenze più diffuse è per esempio l’anemia, legata alla scarsa assunzione di sostanze nutritive contenenti ferro. Inoltre, nel 75% dei casi risulta addirittura necessario l’intervento chirurgico che avrà l’obiettivo di estrarre, laddove possibile, gli oggetti o gli altri materiali ingeriti precedentemente.
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Ogni tanto la cronaca ci fornisce racconti di questo tipo, come il caso di un uomo a Palermo che nella sua vita è stato sottoposto a 23 operazioni chirurgiche necessarie ad estrarre dal suo corpo materiali di diverso tipo come batterie stilo, penne, vetro, chiodi e metallo che l’uomo aveva ingerito nel corso degli anni.
Una volta soddisfatta l’urgenza medica, i pazienti affetti da Picacismo vengono solitamente trattati attraverso psicoterapia. L’approccio più utilizzato in questi casi è di tipo sistemico-relazionale, cioè con il coinvolgimento delle figure genitoriali e/o familiari, o - nei casi di pazienti più adulti- si può ricorrere alla psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Nel caso di psicoterapia sistemico-relazionale, il disturbo psicopatologico viene letto e interpretato alla luce della situazione familiare, come negli esempi sopra descritti, tale per cui sarà possibile dare un significato all’assunzione delle sostanze non alimentari e, sulla base di questo significato, si interverrà su tutto il sistema famiglia. I “significati” possibili sono infiniti, in alcuni casi, per esempio l’assunzione di sostanze non alimentari può essere visto come il tentativo di attirare l’attenzione dei genitori. In questo caso, il terapeuta familiare si occuperà di ristabilire la sana attenzione a ciascun membro della famiglia.
Nel caso, invece, di soggetti più grandi, potrà anche essere usato un approccio cognitivo-comportamentale in cui, dopo aver analizzato i pensieri sottostanti all’assunzione di sostanze non alimentari, si proverà a fare estinguere tali comportamenti attraverso esercizi e tecniche propri di questo approccio.
Tra le varie strategie cognitivo-comportamentali, molto efficace risulta essere l’utilizzo dei rinforzi e delle punizioni in seguito rispettivamente a comportamenti sani (come mangiare sostanze alimentari) e a comportamenti disfunzionali (come mangiare sostanze non alimentari).
I rinforzi consistono nell’utilizzo di parole (come lodi e complimenti), oggetti (regalini di vario tipo) o comportamenti (come abbracci, sorrisi e concessioni) che, poiché valutati positivamente dal soggetto e associati al comportamento sano che li precede, servono ad incrementare l’assunzione di tali comportamenti sani. Al contrario, invece, le punizioni consistono in parole, oggetti o comportamenti che, valutati negativamente dal soggetto, servono ad estinguere il comportamento disfunzionale che li precede.
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