Combattere la solitudine, ovvero la sensazione di disagio interiore data dalla mancanza di relazioni e contatti sociali gratificanti, dalla discrepanza tra i reali rapporti sociali del soggetto e la percezione fredda e distante che egli invece ha rispetto al mondo esterno, è importante per una buona qualità della vita, sia per il benessere psicologico che per quello fisico. La persona che vive il senso di solitudine infatti spesso si sente a disagio, prova tristezza e apatia, non vive bene e tende a chiudersi in se stesso, fortunatamente esistono diversi rimedi per affrontare questa condizione.
E’ importante, innanzitutto, fare una distinzione tra il “sentirsi soli” e lo “stare da soli”, differenza che sta nell’intenzione di base. La solitudine non è sempre un male: se cercata volutamente e per brevi periodi può apportare anche dei benefici. Prendersi un momento di riflessione, infatti, isolarsi momentaneamente per cercare un distacco, in fasi particolari della vita o in prossimità di una scelta importante, può aiutare a riflettere meglio. Il sentirsi soli, invece, nasce da una condizione psicologica diversa, un malessere che il soggetto prova nei confronti di se stesso e degli altri, che può riguardare diversi ambiti come quello amoroso, quello degli affetti familiare, ma che in ogni caso, se non affrontato, rischia di trasformarsi in una solitudine cronica, condizione che può provocare conseguenze peggiori come la chiusura ulteriore in se stessi, la perdita dell’autostima, stati di apatia e forti disagi sino alla depressione.
Come già accennato alla base degli stati di solitudine possono esservi diverse cause, determinate anche dalla particolare fase evolutiva in cui ci si trova, in particolare la solitudine può riguardare bambini ed adolescenti e quindi il modo in cui questi sviluppano i loro rapporti interpersonali nell'ambito della sfera familiare ed affettiva o con i loro coetanei, può riguardare la sfera amorosa ed essere indice di una crisi con il partner o conseguenza di una separazione, o può essere dettata da particolari condizioni di vita che portano ad una diminuzione degli interessi e dei contatti sociali, condizione che spesso riguarda gli anziani. Vediamo più nel dettaglio le principali tipologie di solitudine e che fare per affrontarle.
La solitudine dei bambini. Accade che molti genitori si preoccupino nel vedere i propri figli giocare per tanto tempo da soli e che, presi dal senso di colpa per il poco tempo dedicato loro, percepiscano questo stato come una condizione di solitudine. Si corre allora al tentativo di riempire massimamente questi “spazi vuoti” con attività extra scolastiche, credendo così di migliorare e sviluppare le capacità relazionali e sociali dei piccoli. La stato solitario dei bambini, invece, è molto complesso e non è sempre negativo: per alcuni versi, si tratta di una fase propria dell’età evolutiva. E’ un’esperienza ricercata dai bambini stessi: è uno spazio, infatti, all’interno del quale essi sviluppano il proprio senso di autonomia, manifestano senza inibizioni la propria fantasia, è il tempo dell’espressione e della creatività.
Ovviamente la solitudine nei bambini diventa negativa quando tale spazio di “isolamento” diviene forzato a causa dei modelli di organizzazione familiare: bambini soli perché i genitori lavorano entrambi per tutto il giorno, figli unici, mancanza di occasioni di socializzazione con altri bambini. Per combattere questo tipo di solitudine e per far crescere bene i bambini, è necessario che i genitori e gli educatori insegnino loro a saper vivere la solitudine e l’autonomia affettiva. Questo non significa insegnare a vivere da soli e ad accettare passivamente la condizione di solitudine, ma significa imparare a stare bene con se stessi, per poter di conseguenza stare bene anche con gli altri. E’ importante tenere sempre aperto il dialogo con i bambini, favorire la sana socializzazione, senza riempirli eccessivamente di cose da fare, e insegnar loro a scegliere come occupare il proprio tempo e con chi.
La solitudine adolescenziale. La solitudine nella fase adolescenziale è una sorta di tappa forzata, propria di questa complessa e delicata fase della crescita. Sentirsi solo per un adolescente è normale. Ciò deriva dal disagio che sorge nel rapporto con se stessi e con gli altri, dalla confusione che nasce tra il non sentirsi più dei bambini ma al contempo non sapere ancora chi si sta diventando. L’adolescente esce dal contesto familiare e cerca nuove relazioni esterne, ma prova smarrimento e disorientamento nell’impatto con la “vita esterna” e con gli altri suoi coetanei, che vivono la stessa fase. Gli amici di infanzia si allontanano perché mutano gli interessi comuni, è difficile stringere nuove amicizie perché esse rappresentano l’ignoto, e una fase in cui tutti sono particolarmente sensibili e vulnerabili. Come fare dunque? E’ importante affrontare questo tipo di solitudine, dettata dal disorientamento, in modo graduale, senza regredire (rinchiudendosi solamente nella famiglia come se fosse un guscio protettivo) né esagerare (fingendo di sentirsi già perfettamente maturi e di non avere bisogno del confronto con i pari). I ragazzi devono sapere che si tratta di un periodo della vita che prima o poi passa, che è importante stringere nuovi rapporti di amicizia, mostrandosi per quello che veramente si è, che può essere utile interessarsi agli altri con sincerità e che, soprattutto, ci si può rivolgere agli adulti come appoggio nei momenti di sconforto. Genitori ed educatori, d’altro canto, devono fare attenzione a non essere né troppo ossessivi né indifferenti, per non generare reazioni di rabbia o percezione di essere abbandonati a se stessi.
Solitudine degli anziani. La solitudine degli anziani, purtroppo, è una condizione in fase di crescita negli ultimi anni nella nostra società. Gli anziani, non più impegnati in attività lavorative e non avendo più un ruolo definito e importante nella famiglia moderna, spesso svolgono poche e limitate attività, senza interazioni sociali significative e percepiscono un profondo senso di solitudine ed estraneità al contesto in cui vivono. Questa condizione psicologica e fisica di isolamento ed estraneità al mondo esterno spesso è avvertita anche quando l’anziano vive in famiglia o in situazioni di convivenza, come negli istituti di ricovero. La solitudine, inoltre, può essere aggravata dalla concomitanza con altri fattori, come la perdita del coniuge, il non coinvolgimento in un’attività lavorativa, la lontananza geografica e/o affettiva dei figli e famigliari. In che modo si può combattere la solitudine negli anziani?
La famiglia è importante nel coinvolgimento affettivo e pratico dei nonni, se riesce a dare loro il giusto spazio e valorizzare il loro vissuto esperienziale;
Chi gode dell’autonomia fisica, può partecipare alle iniziative di socializzazione che la maggior parte dei comuni italiani e delle associazioni di volontariato promuovono per i non più giovanissimi;
Cercare degli interessi nuovi e delle occasioni sociali in cui poter stringere nuove amicizie è importante per uscire dal proprio contesto e sentirsi vivi perché nuovamente in gioco nelle dinamiche sociali.
La solitudine in amore può essere distinta in due categorie, in base al fatto che sia vissuta in coppia, ed è quindi soprattutto una solitudine emotiva e psicologica più che fisica, o in seguito alla rottura della coppia stessa e conseguente quindi al trauma della separazione dal partner.
In coppia: Vi sono delle situazioni in cui ci si può sentir soli anche se si vive in coppia. Si tratta di quei rapporti in crisi, nei quali la comunicazione si limita alle informazioni di servizio strettamente necessarie alla convivenza, ma nei quali non vi è più comunione di intenti e di interessi. La solitudine percepita, in questo caso, è strettamente correlata alla paura di non saper stare da soli se il rapporto dovesse concludersi concretamente. Così ci si sente soli, inascoltati, non amati, non compresi dal partner: si genera uno stato di tensione che rovina ulteriormente il rapporto già compromesso. Cosa fare? Se si vive un rapporto, è necessario affrontare le proprie paure di rimanere da soli e quindi affrontare la crisi. Solo affrontando i veri problemi che si hanno con il partner, si può crescere e andare avanti: la solitudine percepita, in questo caso, non deve essere un deterrente alla risoluzione della crisi ma un motivo in più per sforzarsi di affrontarla.
Da separazione: La solitudine amorosa, invece, di chi ha vissuto il trauma della rottura di un rapporto e della separazione, spesso è una condizione legata alla delusione subìta: il timore di vivere un’altra delusione tiene lontana la persona da altre relazioni sociali. Si tratta di fasi della vita che possono accadere, che a volte sono importanti per capire in autonomia le dinamiche del rapporto precedente, per affrontare meglio e più consapevolmente i problemi. In questa fase, è importante non chiudersi in se stessi ma affrontare le situazioni: negarle così come negare di sentirsi soli aumenta ulteriormente il disagio.
Dei momenti più o meno lunghi di solitudine capitano a tutti: come già detto, coincidono con fasi di crescita o con situazioni particolari. Quando però questi momenti diventano eccessivamente lunghi, si rischia che la solitudine diventi cronica, con conseguenze negative da evitare. La solitudine cronica è parente non molto lontana della depressione e di altri stati di malesseri aggravati. Molte ricerche hanno evidenziato lo stretto rapporto tra solitudine cronica, depressione e ipertensione, con rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari soprattutto dopo aver superato i cinquant’anni. In questo caso cosa è opportuno fare? E’ importante riconoscere la propria situazione e ricorrere ad un intervento di natura medico-psicologica, che con una terapia appropriata psicologica e/o farmacologica saprà affrontare il malessere.
Si evince dunque che la condizione di solitudine forzata è un fenomeno molto complesso, dalle caratteristiche differenti in base alla fase della vita in cui la si vive e in base alle cause che la provocano. Esistono, inoltre, delle “solitudini” diverse per chi si sente profondamente timido, per chi viaggia e quindi non ha modo di stringere legami duraturi e di qualità, per chi si sente solo pur essendo in mezzo agli altri, ecc.
In genere, per combattere la solitudine, ecco cosa è importante fare:
Non avere atteggiamenti di passività – Il sapere di sentirsi soli e affrontare il problema restando tutto il giorno sul divano, a guardare la tv, esagerando nel mangiare e nel bere e lamentandosi continuamente non giova certamente ad uscire dallo stato di isolamento e solitudine.
Essere in grado di riconoscerla – riconoscere un problema è già un buon punto di partenza per affrontarlo. Negare il problema, far finta che non stia succedendo nulla pur vivendo il malessere, non fa altro che rafforzarlo e aggravarlo.
Cercare delle nuove relazioni interpersonali e imparare a gestirle – se si è troppo timidi, è necessario lavorare su se stessi per migliorare questo aspetto, per rendersi più sicuri di se stessi. E’ bene anche evitare di essere troppo critici verso gli altri e di “scaricare” tutte le proprie frustrazioni sugli amici. I rapporti duraturi e di qualità, infatti, sono quelli più equilibrati, nei quali non si “scaricano” tutte le proprie frustrazioni sugli altri e al contempo non li si tiene eccessivamente estranei da sé.
Stringere amicizie graduali, cercando la qualità dei rapporti e non la quantità, non per forza avere una rete di contatti sociali molto ampia significa non essere soli, ci si può sentire soli anche in mezzo alla gente se non c'è un buon rapporto ed una condivisione reale degli interessi..
Mantenersi impegnati – è importante non ridurre le proprie giornate alla routine del casa/lavoro. E’ bello andare al cinema, a teatro, in palestra, frequentare luoghi di socializzazione, iscriversi a corsi che permettono lo scambio di idee con altre persone. A tal proposito, è importante anche leggere molto, aggiornarsi, in modo tale da non esaurire mai gli argomenti di conversazione.
Essere sempre se stessi, senza preoccuparsi di dover fare per forza bella figura. E’ molto importante mostrarsi “interessati” agli altri, e non “interessanti” a tutti i costi. Questo ci permetterà di essere più spontanei nei rapporti interpersonali, più sinceri e quindi porre le basi per rapporti di qualità.
Adottare un animale - La pet terapy, la compagnia degli animali, è importante per recuperare la serenità e il benessere compromessi dal senso di solitudine. Molti esperti concordano nel ritenere che la compagnia degli animali consente il recupero del rapporto con se stessi e con gli altri. L’interazione con gli animali, infatti, consente al soggetto di non sentirsi più solo, di ricevere affetto da un altro essere vivente in modo sincero, senza dover per forza indossare una maschera sociale, essendo se stessi. La compagnia degli animali è un ottimo antidoto contro il senso di vuoto, sopperisce ai momenti di tristezza e di sconforto: non è un caso, infatti, che la pet terapy è utilizzata con eccellenti risultati anche nell’approccio con soggetti diversamente abili e con chi ha difficoltà di comunicazione.
Se il senso di disagio e di solitudine dovesse rivelarsi più forte e dovesse arrivare a influenzare negativamente il proprio vissuto, è necessario rivolgersi ad uno psicologo/psicoterapeuta, il quale saprà analizzare i vissuti e i bisogni profondi del soggetto, per capire le cause profonde della solitudine e individuare una terapia adatta.
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